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Ecco il secondo articolo di Andrea Atzori sul background storico e archeologico di “ŠRDN – Dal bronzo e dalla tenebra”, il suo romanzo in uscita per Acheron Books.
Dopo essere partiti da una panoramica sui nuraghe, qui si accenna agli altri monumenti preistorici che a centinaia punteggiano l’isola, e che forse chi non la conosce bene in parte ignora: le domus de janas, le tombe dei giganti, i pozzi sacri…
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Le Domus de Janas, letteralmente “Case delle Fate”, rappresentano l’eredità neolitica dell’isola. Sono tombe ipogeiche scavate nelle profondità rocciose della terra e furono costruite migliaia di anni prima dei nuraghi. La Sardegna ne conta circa duemila, in strutture semplici o complesse, e per lo più rimangono ancora un mistero. Considerando il periodo preistorico, la nostra più grande mancanza di conoscenza riguarda il metodo di costruzione: le domus sono camere scavate a mano in calcare e trachite, ma a volte sono collegate in vere e proprie stanze sotterranee fatte di dozzine di tombe, come nella necropoli di Sant’Andrea Priu.
La domus aveva una funzione funeraria, strettamente connessa alla visione religiosa che vedeva continuità tra la vita fisica e la vita dopo la morte, ed era soprattutto dedicata alla Dea, la Madre Mediterranea. Se per alcuni studiosi le domus riproducono la struttura dei villaggi di capanne, per altri rappresentano simbolicamente un utero, dove i corpi venivano posti in posizione fetale con armi e utensili, pronti a rinascere. Più probabilmente, funzionavano come ossari, con i cadaveri lasciati all’aperto perché la carne venisse strappata dagli uccelli e solo dopo portati all’interno. Per il folklore locale, le domus sono sempre state considerate le case delle fate. E sapete, è vero.
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Pozzi sacri: la Sardegna ne conta circa quaranta e sono probabilmente le più complesse architetture dell’antica area occidentale del Mediterraneo. Furono costruiti principalmente verso la fine dell’Età del Bronzo insieme ai nuraghi più complessi. I pozzi hanno una struttura sotterranea a “cono tagliato” (come un nuraghe al rovescio, ma sottoterra), accessibile attraverso una scalinata che dal piano terra scende verso il centro per cinque o sei metri di profondità finché raggiunge una pozza d’acqua piovana o di sorgente. Il soffitto solitamente ha un punto luce. E’ stupefacente vedere come i massi di basalto che compongono le pareti e i gradini siano perfettamente levigati (al contrario di quelli dei nuraghi). I pozzi venivano usati per i rituali legati all’acqua, dedicati alla Dea o a “Maimone”, un’altra importante entità che troverete nel romanzo. Sull’isola, la struttura meglio conservata è il pozzo di Santa Cristina (nome cristianizzato successivamente), che più di ogni altro mostra l’allineamento astronomico dell’edificio. La luna, ogni diciotto anni e mezzo, brilla attraverso il punto luce del tetto e illumina il pozzo, così come fa il sole dalla scalinata a ogni equinozio.
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Le tombe dei giganti sono un altro misterioso tipo di tombe della Sardegna antica. Vengono tradizionalmente chiamate così non per le loro dimensioni, ma per le ossa trovate all’interno, che nel folklore si pensava fossero i resti dei pasti di orchi. Le tombe sono sepolcri nuragici di capi o intere famiglie, tipo ossari, e probabilmente consacrati al Dio, entità maschile dalla forma taurina, cui ogni struttura dell’edificio era dedicata: la parte frontale è solitamente a mezzaluna e ricorda delle corna, al centro delle quali un’enorme stele domina l’ingresso. E’ affascinante notare che la religione nuragica era molto diversa dal politeismo – frequente nelle altre civiltà di quel tempo – ma piuttosto orientata alla dualità del culto verso l’essenza femminile e maschile della natura, molto vicina alle credenze che i pagani europei svilupperanno molto dopo. In Sardegna, questo aspetto rappresentava il terreno perfetto per introdurre la trinità cristiana e il culto di Maria.
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Il tempio di “Monte d’Accoddi” è l’unica piramide del Mediterraneo occidentale e l’unica ziggurat dell’intero Mediterraneo. Fu costruita circa milleseicento anni prima dei nuraghi e della Civiltà Nuragica ed è uno dei templi più sconcertanti dell’isola. E’ composto da tre livelli su una base di trenta metri per trenta, con un’altezza totale di quaranta metri fino alla cima. Lassù si trova il resto di una capanna, mentre alla fine della scalinata c’è una pietra sacrificale. Il tempio si erge sull’orizzonte piatto delle campagne e tutti i ritrovamenti confermano la possibilità che fosse il sito di un oracolo. Monte d’Accoddi è unico e il mistero della sua costruzione cresce se pensiamo alla sua somiglianza con la ziggurat “Anu” della città sumerica di Uruk.
Ci fermiamo qui, ma ci avviciniamo alla domanda: chi erano veramente gli antichi sardi?
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