Le maschere, i fuochi, le danze: le diverse facce di un dio antico.
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Nel pieno delle danze antiche, nel giorno dei Fuochi di Sant’Antonio c’è la prima uscita delle maschere tradizionali.
Le origini di queste maschere antichissime, di capro, toro, cervo o cinghiale, sono avvolte da millenni di miti e leggende popolari tramandate oralmente. Basta metterci piede per capire che quest’isola nasconde un segreto. È un segreto ancestrale di cui ogni volto, ogni roccia, ogni parte di terra è impregnato.
La cerimonia del carnevale barbaricino è un rito pastorale-teatrale ma anche rituale-totemica, in cui le maschere zoomorfe servono agli uomini che si immedesimano nel bue, in segno di mistica venerazione per l’animale per loro più utile, prezioso e familiare. Tutte le maschere che oggi ritroviamo nel Carnevale sardo appartengono alla stessa origine dei culti dionisiaci, riti propiziatori per la fertilità e per la fine della siccità.
Ogni membro maschio del paese sin dai primi anni di vita sogna di poter, un giorno, “vestire”. Questa parola viene utilizzata comunemente per intendere l’impersonificazione di qualcosa di sacro per tutta la comunità. Le maschere vengono costruite da abilissimi artigiani nelle loro piccole botteghe, ma non è raro trovare “figuranti” che costruiscono con le proprie mani la maschera che indossano, in modo da poterla personalizzare: c’è chi la fa sdentata, chi le allunga il mento, chi le fa il pizzetto. L’atmosfera diventa magica nel momento della vestizione, quando ognuno raccoglie un mazzo di campanacci da bue o sceglie la mastruca che gli va meglio addosso, in una sorta di rito di iniziazione a se stante in cui il fracasso delle ossa di pecora dentro i campanacci annuncia la metamorfosi.
Ma non solo le maschere fanno il carnevale in Sardegna. Le giostre equestri e le pariglie, la più importante delle quali è sa Sartiglia di Oristano, fanno del carnevale un momento di adrenalina alle stelle, insieme alle sfilate dei carri allegorici con coriandoli e stelle filanti.
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Mascaras de su connottu: le maschere tradizionali
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Corde, bocche aperte, corna. Le campane del dio.
Il carnevale tradizionale sardo, ancora vivo in Barbagia, è su Carrasecare, letteralmente “carne da tagliare” e rappresenta l’espressione più significativa delle tradizioni antiche. Ci sono paesi infatti, nel cuore della Sardegna, dove il tempo ruota intorno ad una maschera, attraverso riti apotropaici e dionisiaci che sopravvivono sfidando la modernità: Mamuthones e Issohadores a Mamoiada, Thurpos a Orotelli, Boes e Merdules a Ottana, Urtzu di Aritzo, Urzu di Ortueri, Urthu, Buttudos e Ceomo a Fonni, Bundu di Orani, sono solo alcune delle maschere più rappresentative, come anche Mamutzones ‘e Urzu di Samugheo e Tumbarinos di Gavoi.
Nel rito barbaricino si assiste alla lotta tra uomo e animale, tra razionale e irrazionale, tra mansueto e selvaggio; in realtà questa sorta di ritorno alle origini rappresenta un canale di accesso all’armonia con la natura e con la bestialità delle passioni umane. Il carnevale è un’occasione unica per assistere a questo rito: il momento della vestizione, il coinvolgente frastuono generato dai campanacci all’unisono sul dorso e i passi saltati trasportano in un’altra dimensione. Resistendo a millenni, dominazioni e contaminazioni, questa eredità preziosa giunge da tempi antichissimi.
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I luoghi delle maschere sono: Aidomaggiore, Aritzo, Austis, Cuglieri, Fonni, Gadoni, Gavoi, Ghilarza, Laconi, Lodè, Lodine, Lula, Mamoiada, Neoneli, Nuoro, Ollolai, Olzai, Oniferi, Orani, Orosei, Orotelli, Ortueri, Ottana, Ovodda, Paulilatino, Samugheo, Sarule, Seneghe, Sestu, Sinnai, Tonara, Ulassai, Ula Tirso.
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Carrasecare a caddu, il Carnevale a cavallo
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La stella. I cavalieri più abili, con il volto mascherato e il costume tradizionale, mostrano il loro valore e il loro coraggio, sfidandosi in corse spettacolari lungo le vie dei paesi per cercare di catturare la stella a otto punte infilzandola. Chi ha la possibilità di assistervi resta a bocca aperta, mentre gruppi di tre o più cavalieri affiancati percorrono al galoppo gli angusti percorsi. Come i riti dionisiaci della Barbagia, anche sa Sartiglia di Oristano ha avuto origine da riti propiziatori; altre corse a cavallo hanno invece origini misteriose, come sa Carrela ‘e nanti di Santu Lussurgiu, sa Corsa a sa Pudda di Ghilarza, oltre a quelle significative di Borore e Sindìa.
I luoghi delle pariglie sono: Borore, Bortigali, Ghilarza, Macomer, Oristano, Paulilatino, Santu Lussurgiu, Sedilo, Sindia.
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Carrasecare de brullas, il Carnevale allegorico
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Risate contagiose, scherzi, salti. I più allegri festeggiamenti con sfilate di carri e pantomime popolari sono quelli del carnevale allegorico, che ritroviamo in pressoché ogni paese dell’Isola, insieme e contemporaneamente alle varianti più tradizionali. I più importanti e stravaganti di questi, famosissimi in tutta l’isola, sono il Karrasegare Osinku di Bosa e il Carrasciali Timpiesu di Tempio, feste molto sentite dalla popolazione e che richiamano ogni anno migliaia di visitatori.
Il bamboccio simbolo di queste feste è Giolzi o Re Giorgio, quasi sempre condannato ad essere bruciato l’ultimo giorno del Carnevale in un grande fuoco.
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Curiosità sul Carnevale in Sardegna
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Mamoiada, il paese dei Mamuthones e degli Issohadores – come si legge sul grande cartello prima del centro abitato – sorge in una conca montuosa a quasi 700 metri sul livello del mare, e ha al suo ingresso un’enorme riproduzione in cemento del suo simbolo: la maschera tragica, e nera, del Mamuthone. Qualche passo tra i vicoli del paese e ci si imbatte in laboratori artigiani dove viene intagliata, associazioni culturali in cui viene conservata, il museo in cui viene raccontata, banchi di scuola su cui viene tramandata e luoghi sacri come cortili, piazze e chiese dove viene esibita, durante feste, cerimonie e ricorrenze religiose.
Le famiglie dei paesi in cui si esibiscono le maschere tradizionali le accolgono donando loro dolci e bevande per propiziare l’annata, davanti alle chiese, ai cortili delle case e all’interno delle case stesse. Il legno utilizzato tradizionalmente per le maschere è quello di pero selvatico, che in Sardegna si è sempre usato per scolpire le immagini sacre.
Tra i prodotti tipici del carnevale sardo troviamo le origliette fritte e bagnate nel miele, le zeppole, i culungioneddos de pendula (ravioletti dolci di pasta sfoglia alle mandorle), i fatti fritti con scorza di arancia.
Vini tipici che si accompagnano ai dolci del carnevale sono la Malvasia, dal colore dorato e dal profumo intenso e prodotta nelle province di Nuoro e Oristano, la Vernaccia nell’Oristanese, il Girò di Cagliari, dolce e liquoroso, come anche il Moscato di Cagliari, dal colore dorato brillante e uno spiccato aroma.
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