“La camera viola”
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Avevo scritto una canzone che si chiamava La Stanza Viola. Parlava di una stanza in cui ero stata. In sogno. Era un utero in cui si restava in piedi sospesi oscillando a ritmo cardiaco. L’ho trovato pochi anni dopo e ho potuto abitarlo. Si chiama Camera Lavanda ed è profumata. Pregna di un’estate particolarmente calda. Ma anche se c’è non l’accendo a me non piace l’aria condizionata. Mi sdraio sono stanca.
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Alla testata del letto un tronco di legno imbevuto di profumo. Seguo i rami intrecciati che creano il soffitto a cono e ci gioco. Il cono sale e si restringe sale e si restringe e sembra il centro di un tempio.
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Mi alzo e vado in bagno. Blu di una luce che gli scorre dentro a serpentina. La doccia sembra ricavata dalla parete di una montagna.
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Sono in un’astronave interstellare dell’XIX secolo. Mi sdraio di nuovo. Fuori due lune rosse grilli e grida di gatti. Fa caldo. Un utero scavato nella pietra nel legno nella terra di un’isola remota.
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Marta
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