Se mi chiederete chi,
o che cosa sono io,
ecco, vi risponderò così.
Nel fragore della battaglia,
calda e intrisa di sudore e sangue,
tra l’atroce schiantarsi di carne e ferro,
io sono la polvere,
sollevata dagli zoccoli di un cavallo impazzito,
che al condottiero,
arrossa gli occhi.
Nel silenzioso buio stantio,
delle sale cariche di volumi,
io sono la tarma,
che ignara rode la carta,
e si gonfia il ventre di conoscenza sprecata.
Questo sono io:
l’imperfetto,
il non cercato,
l’essenza volatile e superflua.
Sono una chiave che non apre nessuna porta,
una lingua con cui nulla è mai stato detto,
un dipinto per ciechi,
una sinfonia per sordi.
Sono un fuoco senza luce né calore,
una poesia senza versi,
o parole.
Sono un frammento di ghiaccio,
che in un giorno di neve,
indugia sulle ciglia d’un occhio verdefoglia.
Brilla per un istante di effimera bellezza,
prima che un battito di palpebre lo schianti sulla guancia,
a sciogliersi,
come una lacrima,
di tristezza.
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